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San Severino Marche,
(provincia di Macerata) si trova nell'entroterra marchigiano a circa 50 km
dalla costa adriatica.
Altezza s.l.m.: 235
m
Superficie: 194 kmq
Scorci di paese:
Storia
di San Severino
Iniziative locali:
Il
Settempedano
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Le piu' remote vestigia
dell'uomo e della sua opera le troviamo un po' ovunque in tutto il
territorio settempedano, lungo le pendici e sulle vette dei colli che si
affacciano sulla vallata del Potenza, tanto vicine le une alle altre da fare
con ogni certezza arguire che sin dalle lontane origini della civilta'
italica questa zona fosse densamente abitata e ad uno stadio di civilta'
notevolissimo. Laboratori ed officine litiche, stazioni preistoriche dei
vari periodi, fondi di capanne sono stati rinvenuti in diverse localita'.
Numerosi sono i villaggi pre-piceni e piceni sparsi sulla linea di quei
colli che concludono verso il mare l'Appennino centrale e si aprono in una
vasta pianura alluvionale. Fra tutti emerge il colle di Pitino che
rappresenta un solido baluardo a guardia dell'ampia valle del Potenza.
Pitino costituiva sicuramente il fulcro e la convergenza di tutti i pagi
circostanti ed era l'insediamento piu' numeroso e strategicamente piu'
importante: le sue necropoli poste tutt'intorno e sui colli relativamente
piu' bassi ne sono una valida conferma. Si determinarono poi una discesa a
valle e un concentramento dovuto a necessita' di carattere strategico ed
economico, che come conseguenza parzialmente impoverirono, ma non
distrussero i numerosi piccoli centri a favore di un nascente nucleo
urbanistico. Questo trovo' la sua logica sede lungo le sponde del fiume
Potenza, a cavallo di quella via creata da antiche transumanze e
successivamente organizzata dai Romani lungo la valle del fiume, che
dall'Adriatico portava su verso l'Appennino a Pioraco (Prolaqueum) e a
Nocera Umbra (Nuceria Camellaria) per confluire nella vecchia via Flaminia.
Cosi' nacque quel centro poi noto in eta' romana come "Septempeda" e le
ragioni del suo esistere e della sua importanza sono ancora oggi documentate
dalle mura erette per contrastare ed opporsi al costante pericolo costituito
dai Galli a nord e dai Pretuzi a sud. In seguito alle frequenti e varie
incursioni barbariche dei Goti, Longobardi, Saraceni, ecc. che, a partire
dal V sec., infestavano la regione, gli abitanti di Settempeda cominciarono
ad abbandonare la citta' e a rifugiarsi sui rilievi vicini. Cio' porto' al
graduale e progressivo sviluppo del nuovo centro sul Monte Nero senza che
tuttavia venisse abbandonata l'antica citta' che sopravvisse fino al sec.
XIV. Il nucleo altomedioevale della nuova comunita' - che si formo' intorno
ad una fortificazione di eta' romana chiamata "castrum reale" da cui deriva
l'attuale denominazione di "Castello" - si estendeva intorno alla "platea
communis" ed era costituito dal Palazzo comunale, oggi distrutto, dalla
Torre civica, dalla Chiesa patronale e da alcuni conventi. Le facciate degli
edifici civili e religiosi del "Castello", costruiti sul crinale del colle,
erano orientate sia in direzione della porta principale, porta S. Francesco,
aperta nell'estremo lato meridionale delle mura, sia verso la vallata del
Potenza. Tra il XII e il XIV sec. si realizzarono due successivi ampliamenti
delle mura. Al loro interno, i quartieri piu' nuovi, indicati con il nome di
"borgo", si svilupparono a nord del Castello in un agglomerato compatto e
regolare di strade e di case che si organizzarono intorno alla grande
"platea mercati", oggi piazza del Popolo. I quartieri della citta' situati
alle falde del colle conquistarono l'egemonia economica per i mercati e per
la produzione manifatturiera; essi divennero presto anche la zona
privilegiata delle nuove residenze della ricca borghesia mercantile ed
imprenditoriale. L'espansione muraria di San Severino non ha mai inglobato i
due borghi che si erano formati a partire dal sec. XIII, a breve distanza
dalla citta', in prossimita' del fiume Potenza: il Borgo Conce e il Borgo
Fontenuova. Il primo, con i suoi mulini, la fonderia, le officine dei ramai
e dei fabbri, le concerie, i laboratori dei lanaioli, era il polo
industriale, l'altro, cresciuto su di un nodo stradale che portava ad
Ancona, a Loreto, a Tolentino, costituiva una sorta di filtro per i mercati
e le fiere che periodicamente si svolgevano lungo la strada che congiungeva
questo borgo con la "porta mercati".
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