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UNA PIANTA ANTICA PER UNA OPPORTUNITÁ NUOVA
Possono poche centinaia di metri quadrati di zafferano costituire una opportunità di integrazione del reddito per le aziende agricole ed agrituristiche dell’Alto Maceratese? A questa domanda darà una risposta il dipartimento di Botanica ed Ecologia dell’Università di Camerino. Nell’arco di un mese circa, le parcelle sperimentali impiantate ad agosto a Fiastra e a Pievetorina (una terza parcella sarà impiantata nel 2005) arriveranno a fioritura e sarà possibile osservarne il ciclo colturale ed i risultati produttivi del primo anno di prova. “Il Crocus Sativus - spiega Demetrio Pancotto, tecnico del gruppo di lavoro - è una pianta originaria, con molta probabilità, dell’Asia minore. Nell’antichità e nel Medioevo era utilizzata prevalentemente per le sue qualità medicinali ma anche come pianta colorante, cosmetica ed aromatica. Furono gli arabi a diffondere l’uso della spezia in Spagna da dove, nel 1400, un monaco domenicano la introdusse in Abruzzo, sull’Altopiano di Navelli, suo paese d’origine. In Italia altre nicchie di produzione sono localizzate in Sardegna, Toscana ed Umbria, in particolare a Cascia e Città della Pieve. Nelle Marche e nella zona appenninica del Maceratese non ci sono, invece, testimonianze significative. Esistono, però, condizioni ambientali favorevoli che stiamo caratterizzando attraverso indagini fitoclimatiche e pedoclimatiche. Non si tratta soltanto di “sperimentare” - conclude Pancotto - ma di “trasferire un know-how”, attingere, cioè, al patrimonio di conoscenze ed esperienze produttive delle aree storiche di coltivazione, come quella abruzzese ed umbra, che possono fornire preziose indicazioni sulle reali possibilità di adattamento dello zafferano nel nostro territorio”. Con lo zafferano si completa così l’impianto delle prove sperimentali avviate dal dipartimento di Botanica ed Ecologia dell’Università di Camerino con la malva, il tarassaco, il cardo mariano, la valeriana e l’anice verde nell’ambito del progetto di Recupero, sperimentazione e promozione di piante officinali e medicinali. Il programma, che si concluderà l’anno prossimo, è coordinato dal dott. Andrea Catorci e realizzato in collaborazione con il Gal Sibilla ed il Progetto Agricoltura Sostenibile del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
LA COLTIVAZIONE DELLO ZAFFERANO
La coltivazione dello zafferano si adatta al clima mediterraneo, in particolare nelle aree montane a 500-700 metri sul livello del mare, con media piovosità nel periodo invernale e con periodo estivo molto siccitoso. Sono da evitare, inderogabilmente, terreni umidi, asfittici e pesanti. I coltivatori temono soprattutto le brinate autunnali e le nevi precoci, che sopraggiungono nel periodo della piena fioritura. Sul piano della tecnica colturale, lo zafferano, erbacea perenne che si origina da bulbi-tuberi, richiede un consistente impiego di manodopera, concentrata per almeno il 50 per cento nel periodo della fioritura dei bulbi e della produzione della spezia, ed un efficace e costante controllo delle infestanti. Per questo motivo lo zafferano è generalmente coltivato in appezzamenti di modesta superficie, una modalità questa interessante per il recupero di terreni montani marginali, spesso abbandonati o destinati all’abbandono. La collaborazione con il Progetto Agricoltura Sostenibile del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, coordinato dal prof. Carlo Renieri, non è casuale vista la necessità da parte delle aziende agricole di diversificare le proprie attività ed il proprio reddito, nell’ottica della multifunzionalità aziendale. La spezia dello zafferano si ottiene dai tre stimmi rossi del fiore, di colore violetto, separati manualmente ed essiccati moderatamente nello stesso giorno di raccolta. La conservazione è molto delicata, soprattutto per gli effetti dovuti alla luce e all’umidità; buoni risultati si ottengono con l’uso di contenitori di vetro di colore scuro ben chiusi. Le stime dicono che 500 metri quadrati di superficie possono produrre dai 75mila ai 100mila fiori di zafferano, pari a 350-400 grammi di spezia, per un valore commerciale variabile dai 15 ai 20 euro al grammo.
Comunicato Stampa
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